Atti del Convegno XXII
Prefazione agli atti
Leggendo il titolo tematico dato a questo ventiduesimo convegno di didattica
della matematica Incontri con la matematica 21 (Numero ordinale 21 sì, ma a partire da 0: ecco perché ventiduesimo) qualcuno si chiederà: «Ma
perché il classico triangolo della didattica “allievo, insegnante, sapere”,
introdotto negli studi di didattica come immediato schema riassuntivo di
situazioni complesse decine e decine di anni fa, dovrebbe costituire oggi una
sfida da parte della didattica della matematica?».
La spiegazione è presto data.
Nei trent’anni di vita della nostra disciplina, alcune certezze si sono
consolidate, termini tecnici si sono imposti e definiti, linguaggi sono risultati
ampiamente condivisi; nonostante alcune confusioni ancora presenti, dovute
all’immissione nei nostri ranghi di neofiti impreparati e di inesperti aggressivi,
esiste sempre meglio definita una didattica della matematica stabile, condivisa,
chiara.
Tuttavia, proprio la stabilità raggiunta ci ha portato tutti ad essere più
guardinghi e più sospettosi, tanto che affiorano dubbi anche sugli oggetti che
sembravano più scontati e dati per definitivi.
Uno di questi è il senso che hanno acquisito i cosiddetti tre “poli” del triangolo
della didattica; è oggettivo il fatto che vi siano studi epistemologici specifici
per ciascuno di essi; i “lati” di questo triangolo, più volte analizzati in
letteratura (per esempio, in D’Amore, Fandiño Pinilla, 2002), sono sempre più
complessi da decifrare.
Valga per tutti un esempio.
Da qualche decennio abbiamo appreso a far uso consapevole e significativo
della dizione “trasposizione didattica”, relazione che rientra nel lato Sapereallievo
per motivi ben noti che non staremo qui a spiegare ora (si veda, per
esempio, Fandiño Pinilla, 2002). Ma da più parti si sente il grido d’allarme di
chi dice: «La trasposizione didattica non esiste», per tanti e svariati motivi.
Questa affermazione chiama in causa la preparazione degli insegnanti in
servizio, la formazione iniziale dei futuri insegnanti, le condizioni di efficacia,
il milieu, le convinzioni degli insegnanti e degli allievi eccetera. Tanto che lo
stesso Guy Brousseau si è messo al lavoro, oggi, nel 2007, per rivedere i
termini, suggerire soluzioni alla questione, riformulare tutto.
Da questo schema, che sembrava assodato e superato, tanto che si è parlato in
più occasioni di “poligono della didattica” (D’Amore, 2007) a causa della
immissione in analoghi schemi di nuovi elementi, sta sorgendo una
problematica del tutto nuova, una vera e propria sfida della didattica della
matematica a rinnovarsi, a rivedere le sue stesse basi, come si conviene ad una
disciplina attiva, vivace, fortemente euristica.
Da Castel San Pietro, ancora una volta, vogliamo lanciare un sollecito augurio
a tutti coloro che della nostra disciplina si occupano; e proprio in questa
direzione: la voglia di interpretare le nostre intenzioni critiche come una sfida,
una sfida sempre nuova.